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Senza titolo (Bk#)

 

Per comprendere la natura di questo ciclo è necessario partire dall’osservazione di un canestro, oggetto da cui le opere mutuano le proprie caratteristiche. Un canestro è costituito sostanzialmente da tre elementi: il tabellone, il cerchio, la rete. Quest’ultimo in sé potrebbe essere considerato superfluo. Dopotutto una palla da basket ha bisogno di un perimetro da attraversare per raggiungere il suo scopo, dunque il cerchio sarebbe sufficiente al fine. Spesso però la nostra percezione non è in grado di comprendere se la sfera ha effettivamente attraversato quel perimetro. Il tuffo perfetto della palla che entra nel cesto senza toccare il cerchio, produce un caratteristico movimento della rete. Com’è ovvio, senza la rete, in particolare da specifici punti di vista, sarebbe difficile se non impossibile affermare con certezza se il tiro è andato a segno o meno.

 

Un tiro a canestro è un gesto scultoreo. Tutto ciò che produce una modificazione dello spazio in realtà lo è. Ma in questo caso, la rete permette di osservare e razionalizzare il fenomeno, non in una dimensione astratta, ma nella viva realtà. La rete assume una qualità scultorea contingente. La materia registra per un istante il fenomeno della sua stessa modificazione. Il movimento o la morfologia della rete, da quelle a brandelli dei campi di periferia, dilaniate dagli anni di usura, indicano dunque un processo scultoreo.

 

Nelle opere, la modificazione della rete è estesa anche al supporto, una struttura di metallo che richiama per colore quella del cerchio del cesto. Questa struttura, preponderante nell’economia del lavoro sul piano cromatico, va considerata alla stregua di un display, un supporto tecnico ragionato, supporto utile per la modificazione della rete. Ogni opera necessita infatti di un nuovo arrangiamento in fase di allestimento. Si tratta di un’operazione che esprime in sé la natura scultorea di un processo osservato nella realtà.

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