La mia è un'indagine interna alla scultura, alle sue declinazioni linguistiche e alla capacità auto-generativa della forma, nell’ambito della quale le opere rappresentano sistemi autopoietici governati da principi dogmatici di volta in volta diversificati. Si tratta di micro produzioni aperte ad una revisione, alla modifica degli assetti estetico-formali e delle declinazioni concettuali.
Gli oggetti, considerati enti neutrali, materia strumentale con una forma determinata, metro o limite di ricerca, non hanno alcuna utilità al di là del ruolo specifico che svolgono nell’opera come dispositivi di conoscenza e riprogrammazione di funzioni cognitive.
Intendo la scultura come forma del luogo. L’opera, che registra relazioni biunivoche, necessita di un diverso arrangiamento ogni volta che cambia habitat, definendo un nuovo ordine di priorità nella lettura della realtà. Un concetto che di solito investe la parte curatoriale di una mostra e che rientra attivamente nelle dinamiche del lavoro, anche attraverso una particolare attenzione al display.